Marble like flesh: Bernini, Apollo, and Dafne

Marble like flesh: Bernini, Apollo, and Dafne

Italian Version below*

Considered one of the leaders of art of all times, the sculptural group of Apollo and Daphne was created by Gian Lorenzo Bernini for Scipione Borghese, between the years 1621-1625.

The subject of the work comes from Ovid ‘s Metamorphoses. It is told of Apollo’s crazy love for Daphne, caused by an arrow shot by Cupid. The beautiful nymph rejects the love of God and asks her father Peneo to help her change the appearance so sensual that they had sparked Apollo’s passion.

Bernini captures the terminal and dramatic phase of this love, freeing the exact moment in which Dafne transforms into a tree from a single block of Carrara marble: “the hair stretches into fronds, the arms into branches, the foot remains nailed lazy roots “.

Also in this transformation Apollo loves Daphne and says to her: “since you cannot be my wife, you will at least be my tree or laurel I will always carry you on my hair, on my lyre, on my quiver, you will be on the foreheads of the Latin leaders when happy voices will sing the songs of triumph and the Capitol will see long processions “.

As in any Bernini sculpture, marble comes to life …. the snapshot is complete and the observer, even after centuries, participates emotionally in this love drama.

Today the work is placed in the center of one of the rooms of the Borghese Gallery, but originally Bernini’s idea was to bring it close to a wall so as to emphasize the movement even more and surprise those who entered the room through a door placed laterally.

 

Maybe not everyone knows that… The work was considered too sensual to be kept in the residence of a cardinal (Scipione Borghese), nephew of Pope Urban VIII (born Maffeo Barberini). So it was that Maffeo suggested putting at the base of the sculpture a Latin couplet that he himself elaborated, to give the work a moralizing sense:

Anyone who pursues the pleasure of a fleeting form remains with a handful of leaves in his hand or at most he catches the bitter berries.

All rights reserved*


Considerato uno dei vertici dell’arte di ogni tempo, il gruppo scultoreo dell’Apollo e Dafne fu realizzato da Gian Lorenzo Bernini per Scipione Borghese, tra gli anni 1621-1625.

Il soggetto dell’opera proviene dalle Metamorfosi di Ovidio. Si narra del folle amore di Apollo per Dafne, causato da una freccia lanciatagli da Cupido. La bellissima ninfa rifiuta l’amore del Dio e chiede a suo padre Peneo di aiutarla a farle cambiare le sembianze così sensuali che avevano scatenato la passione di Apollo.

Bernini coglie la fase terminale e drammatica di questo amore, liberando da un solo blocco di marmo di Carrara il momento esatto in cui Dafne si trasforma in albero: “i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami, il piede resta inchiodato da pigre radici”.  Anche in questa trasformazione Apollo ama Dafne e le dice: “poiché non puoi essere moglie mia, sarai almeno il mio albero o alloro sempre io ti porterò sulla mia chioma, sulla mia cetra, sulla mia faretra, tu sarai sulle fronte dei condottieri latini quando liete voci intoneranno i canti del trionfo e il Campidoglio vedrà lunghi cortei”.

Come in ogni scultura berniniana, il marmo prende vita….l’istantanea è compiuta e l’osservatore, anche a distanza di secoli, partecipa emotivamente a questo dramma amoroso.

Oggi l’opera è posta al centro di una delle sale della Galleria Borghese, ma in origine l’idea di Bernini fu di accostarla ad una parete così da enfatizzare ancora di più il movimento e sorprendere coloro che entravano nell’ambiente da una porta posta lateralmente.

Forse non tutti sanno che…. L’opera fu considerata troppo sensuale per poter essere conservata nella residenza di un cardinale (Scipione Borghese), nipote del Papa Urbano VIII (nato Maffeo Barberini). Fu così che Maffeo suggerì di porre alla base della scultura un distico latino che egli stesso elaborò, per dare all’opera un senso moraleggiante:

Chiunque insegue il piacere di una forma fugace, resta con un pugno di foglie in mano o al massimo coglie le bacche amare.

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