Raffaello e la Trasfigurazione

Raffaello e la Trasfigurazione

Alla fine del 1516, inizi del 1517, Giulio de’Medici, il futuro Papa Clemente VII, commissionò due pale d’altare per la Cattedrale della sede episcopale di Narbonne sua sede vescovile.
La prima fu commissionata a Sebastiano del Piombo, la Resurrezione di Lazzaro, (National Gallery Londra), e la seconda a Raffaello, la Trasfigurazione.

Nella quale storia figurò Cristo trasfigurato nel Monte Tabor et appié di quello gli undici Discepoli che lo aspettano; dove si vede condotto un giovanetto spiritato acciò che Cristo sceso del monte lo liberi, il quale giovanetto mentre che con attitudine scontorta si prostende gridando e stralunando gli occhi, mostra il suo patire dentro nella carne, nelle vene e ne’ polsi contaminati dalla malignità dello spirto e con pallida incarnazione fa quel gesto forzato e pauroso.

Questa figura sostiene un vecchio che, abbracciatola e preso animo, fatto gli occhi tondi con la luce in mezzo, mostra con lo alzare le ciglia et increspar la fronte, in un tempo medesimo e forza e paura. Pure mirando gli Apostoli fiso pare che sperando in loro faccia animo a se stesso.

Èvvi una femina fra molte, la quale è principale figura di quella tavola, che inginocchiata dinanzi a quegli, voltando la testa loro e coll’atto delle braccia verso lo spiritato, mostra la miseria di colui. Oltra che gli Apostoli chi ritto e chi a sedere et altri ginocchioni mostrano avere grandissima compassione di tanta disgrazia. E nel vero egli vi fece figure e teste, oltra la bellezza straordinaria, tanto nuove, varie e belle che si fa giudizio commune degli artefici che questa opera, fra tante quant’egli ne fece, sia la più celebrata, la più bella e la più divina.


Che finitolo, come ultima cosa che a fare avesse, non toccò più pennelli, sopragiugnendoli la morte
.

Una volta entrato in possesso della tavola il Medici inviò a Narbonne solo il dipinto di Sebastiano mentre tenne per sè l’ultimo capolavoro di Raffaello.
L’artista morì il 6 aprile 1520, lasciando incompiuta l’opera, che fu portata a termine nella parte inferiore da Giulio Romano, tra i suoi allievi più accreditati.

Quando il Cardinale Giulio, salì al soglio pontificio destinò l’opera alla chiesa romana di San Pietro in Montorio dove restò fino al 1797 quando fu trasferita a Parigi.
Nel 1815 venne restituita ed entrò a far parte delle collezioni vaticane, dove si trova tutt’ora.

Fonti: G.Vasari, Le Vite

Dove trovarloQUI

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