Caspar David Friedrich ed il Viandante sul mare di nebbia

Caspar David Friedrich ed il Viandante sul mare di nebbia

Sciolto il Sacro Romano Impero nel 1806 ad opera di Napoleone, si profetizzava la fine dell’arte tradizionale troppo legata all’ancien régime e si sollecitava una rivoluzione nelle arti visive con una marcata componente di temi religiosi e paesaggistici. La Germania ebbe un ruolo fondamentale nella definizione delle teorie romantiche.

Tra i primi ad entrare nel clima del cosiddetto romanticismo tedesco si annovera Caspar David Friedrich, oltre al norvegese Dahl ed ai tedeschi Kolbe e Philipp Otto Runge.
Friedrich, classe 1774, crea un vero e proprio codice simbolico, limitando i soggetti dei suoi quadri, utilizzando determinate luci che rinviano all’alba o al crepuscolo e realizzando composizioni simmetriche con angoli visuali molto ampi per alludere all’immensità del divino.
Lo strumento che veicola il divino sarà appunto: la natura.

A queste regole si attiene anche forse il più noto dei suoi capolavori: Il Viandante sul mare di nebbia, eseguito nel 1818 e conservato attualmente alla Kunsthalle di Amburgo.
Al centro del dipinto campeggia un uomo di spalle che, già dal primo sguardo verso la tela, invita a guardare “oltre”.

Lo troviamo stagliato su di un enorme masso roccioso in un mare di solitudine, sono pochi gli elementi presenti in questa tela, idea voluta sicuramente dall’artista che elimina le inutilità e utilizza 3 elementi: il viandante, la roccia e la fitta nebbia. Il quarto elemento potrebbe essere lo spettatore che si avvicina al quadro e rapidamente ne è parte di esso, parte di questo tormentato infinito, ne è affascinato, ma allo stesso tempo impaurito.
Emerge il concetto intrinseco del romanticismo tedesco: l’uomo è sempre solo nei momenti di difficoltà ed è “un niente” in confronto alla potenza della natura e del divino.

La Kunsthalle di Amburgo offre la possibilità di vedere in pochi metri quadri non solo Il Viandante, ma anche Il Mare di Ghiaccio, altra opera memorabile di Friedrich del 1824, dove nuovamente si ripresentano per l’osservatore le sensazioni quasi incontrollabili di paura e curiosità verso l’ignoto.

Per saperne di più:
L’Ottocento a cura di Rita Scrimieri
Treccani

Dove trovarloQUI

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