Michelangelo e la Pietà di Palestrina

Michelangelo e la Pietà di Palestrina

Michelangelo Buonarotti, semplicemente noto come Michelangelo, nella sua lunghissima carriera (l’artista aretino morì ad 89 anni) per ben quattro volte si confrontò con il tema scultoreo della Pietà.

La Pietà più famosa, prima in ordine cronologico (1499), e l’unica ad essere materialmente definita è la Pietà Vaticana; seguirono la c.d. Pietà di Firenze, la Pietà Rondanini e la Pietà di Palestrina (datazione incerta al 1555).

La c.d. Pietà di Palestrina, conservata alla Galleria dell’Accademia di Firenze, fu individuata nel 1907 nella chiesa di Santa Rosalia a Palestrina (Lazio) e fu acquistata dallo Stato Italiano nel 1939.

Unica menzione nel corso dei secoli era stata lasciata nel 1736 dallo Storico Cecconi nella sua Storia di Palestrina:  “abbozzo del celebre Buonarotti” collocata nella Cappella del Cardinale Antonio Barberini in Santa Rosalia.

Questa latitanza dalle fonti aveva incoraggiato le teorie di coloro che la ritenevano opera non autografa di Michelangelo.

Il restauro iniziato nel 2008 ha dimostrato che il materiale utilizzato non è “marmo antico” ma Marmo di Carrara, l’unico che l’artista prediligeva e sceglieva personalmente per i suoi capolavori.

Lo schema compositivo della Pietà di Palestrina è a tre figure (e non a quattro, come nella Pietà Bandini per es.) con la Vergine che sorregge il corpo di Cristo e San Giovanni Evangelista posto di lato; il blocco marmoreo ha un’altezza di 253 cm.

Il marmo è come l’uomo, prima di intraprendere qualcosa, devi conoscerlo bene e sapere tutto ciò che ha dentro. Così, se in te ci sono delle bolle d’aria, io stò sciupando il mio tempo.

 

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